28/04/2024
Direttore: Franco Liistro

ALLE SORGENTI DEL LATTE CON CHEESE 2015

Bra. Cheese, la manifestazione biennale dedicata alle forme del latte - a Bra (Cn) dal 18 al 21 settembre - taglia il traguardo della decima edizione. Dal 1997 a oggi ilmondo dei formaggi è cambiato profondamente e un po’ di merito va ancheall’evento, organizzato da Slow Food Italia e Città di Bra, che ha portato allaconoscenza del grande pubblico il settore lattiero-caseario e le sue numerosesfumature.

Sono molte le campagne condotte in questi 18 anni, prima fra tuttequella sul latte crudo, sui fermenti industriali e per un’etichettatura al servizio delconsumatore. Il tutto sempre con un approccio che privilegia il piacere legato alcibo e la voglia di approfondire, attraverso le degustazioni e le conferenze,l’incontro con casari e affinatori e le attività per i più piccoli.

Tema dell’edizione 2015 è Alle sorgenti del latte, per nutrire il pianeta, con un focus sul ruolo della montagna, ma anche sulle storie dei giovani che hanno scelto di vivere e lavorare tra le vette, le valli e gli alpeggi per cambiare vita e ripercorrere le orme dei loro avi.

Li incontriamo tra le centinaia di stand nel Mercato dei Formaggi, insieme ai tanti Presìdi Slow Food e agli affinatori da tutto il mondo che ogni due anni si danno appuntamento a Bra. Anche nelle proposte della Gran Sala dei Formaggi, dove ospite è la produzione lattiero-casearia della Spagna, a cui abbinare i calici dell’Enoteca, con centinaia di etichette italiane scelte dalla Banca del Vino di Pollenzo.

Non mancano i punti ristoro con le Cucine di strada, i Food Truck, la Piazza della Birra e quella della Pizza.

Tornano le degustazioni guidate dei Laboratori del Gusto, 37 appuntamenti per conoscere il mondo della biodiversità casearia e non solo; gli Appuntamenti a Tavola, occasione unica per incontrare alcuni tra i migliori chef del panorama nazionale e internazionale e assaggiare le loro specialità; gli incontri curati da Slow Food Educazione, con le attività dedicate alle scuole e alle famiglie e un Master of Food pensato per gli under 30, alla scoperta degli abbinamenti tra formaggi e birre artigianali.

Non mancano gli approfondimenti, grazie alle Conferenze su tematiche legate alla filiera lattiero-casearia, alle presentazioni dei libri firmati dalla Chiocciola e alla lettura quotidiana dei giornali.

Torna anche la Casa della Biodiversità che, oltre agli incontri con i produttori, propone un’esposizione di prodotti tipici per conoscere e comprendere meglio gli ecosistemi montani e la loro influenza diretta e indiretta sulla nostra vita.

Con Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e responsabile scientifico di Cheese, ripercorriamo la storia di queste dieci edizioni di Cheese per capire meglio il futuro che ci aspetta.

18 anni di battaglie vinte

Possiamo dire con orgoglio che in questi 18 anni abbiamo registrato più di un risultato.

Il primo e più importante riguarda i formaggi a latte crudo, che ormai rappresentano la qualità in senso assoluto, ma all’epoca erano guardati con sospetto e rischiavano di essere vietati, come lo sono ancora in molti paesi. Inoltre, siamo riusciti a dare visibilità a produzioni marginali, di pastori e di alpeggi, che grazie a Cheese hanno trovato un ambito culturale, oltre che commerciale, inimmaginabile altrimenti.

E le sfide che dobbiamo ancora affrontare

La battaglia attuale è la più delicata, perché sta travolgendo il mondo dei formaggi in maniera ancora più subdola del latte pastorizzato, e riguarda l’utilizzo di fermenti industriali. Il livello di igiene richiesto dalle norme in vigore nei caseifici, anche di piccolissime dimensioni, abbatte la carica batterica del latte, sia negativa sia positiva.

In queste condizioni è difficile raggiungere livelli di fermentazione importanti. Per aiutare il caglio nella coagulazione si aggiungono quindi i fermenti, ma il problema è che vengono utilizzati gli stessi, prodotti da pochissime aziende in tutto il mondo anche con il latte crudo e in alpeggio, determinando così l’omologazione dei gusti e vanificando lo sforzo. È la stessa identica tentazione in cui stanno cadendo molti produttori di vino, anche di qualità.

Noi proponiamo l’autoproduzione dei fermenti, tant’è che a Cheese presentiamo una piccola fermentiera aziendale. Sappiamo che questo per i pastori vuol dire più lavoro e un investimento economico iniziale, ma ne varrà la pena sia in termini di risparmio sia di ricchezza di profumi e gusti.

Per quanto riguarda i consumatori invece sarà difficile far capire il vero rischio associato ai fermenti, anche perché non è obbligatorio segnalarne la presenza in etichetta. Sui fermenti industriali e sulla trasparenza delle etichette Slow Food ha lanciato negli anni scorsi campagne specifiche e su queste si concentrerà nei prossimi anni.

E poi c’è una questione più generale. Nella produzione alimentare, il mondo dei formaggi è senza dubbio quello più ricco di biodiversità.

Al supermercato i banchi sono pieni di prodotti lattiero caseari di ogni genere: latte, formaggi e yogurt per ogni gusto. Sembra tutto vada per il meglio, ma così non è. Solo uno sguardo più ampio ci permetterà di capire che oltre a latte, caglio e sale c’è un mondo di uomini, animali ed ecosistemi che sta vivendo grandi difficoltà.

Un sistema in crisi

Il problema è nella filiera. Un allevamento intensivo in pianura fatto con coscienza ancora regge, anche se con difficoltà, ma la montagna e le zone marginali non ce la fanno più, perché lo sforzo è enorme a fronte del guadagno. I contributi europei sono l’unico sostegno che giustifica l’alpeggio da un punto di vista economico: se i pastori dovessero basarsi solo sul mercato, i pascoli sarebbero frequentati solo da pochi eremitici sognatori.

Però è chiaro che non si può andare avanti così all’infinito. Cosa faremo a quel punto con le aree marginali? Formaggi e burro d’alpeggio sono così buoni grazie alla biodiversità dei pascoli, curati dalle vacche che li brucano, a loro volta portate lassù da chi ancora ha il coraggio e la tenacia di credere nella bellezza di tutto questo. Non va dimenticato che una montagna curata e un pascolo attivo sono un grande aiuto a valle in caso di maltempo. Il pastore che va in alpeggio è anche una sentinella importante per l’ambiente.

Un altro allarme di questa edizione di Cheese riguarda la filiera delle pecore. Il pecorino è un formaggio complesso da produrre e la pecora un animale gregario che ha bisogno di mangiare bene, non come la capra che è molto più frugale e si adatta anche ad ambienti difficili.

E poi c’è il problema dello smaltimento della lana: quella italiana non è più apprezzata sul mercato e deve addirittura essere trattata come un rifiuto speciale.

Infine, i giovani non gradiscono il gusto di questi formaggi, nonostante l’Italia insieme alla Spagna sia il paese che vanta la maggiore diversità, oltre che il numero più alto di capi. Ma il vero problema è ancora una volta nel prezzo del latte e del formaggio che non riconosce l’impegno e il lavoro che c’è dietro questo mondo.

Un altro tema è la delicata questione del consumo di carne di agnello, parte del patrimonio gastronomico e dell’economia di molte regioni italiane.

La montagna in cui si può ancora vivere e lavorare con dignità

A lungo andare credo che i contributi alla produzione debbano essere superati e che si debba stabilire un prezzo minimo per il latte di vacca, pecora e capra, legandolo alla qualità e a una campagna di informazione che faccia capire ai consumatori il lavoro di sostegno che si sta facendo.

Solo in questo modo si può restituire valore ai formaggi e al mondo che rappresentano, assicurando la dignità delle persone che ci lavorano e il benessere degli animali! !!

Il mondo Slow Food dice NO al latte in polvere

In poco più di un mese sono arrivate oltre 130 mila adesioni tramite la piattaforma Change.org e attraverso il vecchio metodo della raccolta firme cartacea. La campagna lanciata da Slow Food Il formaggio si fa con il latte! Firma per dire NO all’uso del latte in polvere ha centrato il suo obiettivo di mobilitare l’opinione pubblica – consumatori e pastori, contadini e casari, artigiani e chef – sull’ultimo attacco della burocrazia europea alla produzione agroalimentare di qualità del nostro paese.

La petizione sostiene la legge italiana 138 dell’11 aprile 1974, che vieta l’uso di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per fare yogurt, caciotte, robiole e mozzarelle. Questa norma, che fino a oggi ha permesso all’Italia di tutelare la sua biodiversità casearia, secondo Bruxelles dovrebbe essere abrogata in quanto rappresenterebbe una restrizione alla libera circolazione delle merci.

Grazie a una proroga accordata dall’Ue, abbiamo tempo fino al 29 settembre per sostenere il Ministro Martina alle Politiche agricole alimentari e forestali, che haaffermato di voler difendere la legge italiana, e con essa centinaia di piccoleproduzioni e il patrimonio di latti, mestieri, tecniche, tradizioni e comunità checustodiscono.

La petizione è diretta anche alle istituzioni comunitarie(Commissione, Parlamento e Consiglio europei e Direzione Generale Agricoltura esviluppo rurale) e con essa Slow Food auspica che anche gli altri paesi europeiscelgano la strada della qualità e della sostenibilità, sposando la legge italiana.

Dopo 15 anni Slow Food si impegna nuovamente con una raccolta di firme a favore del settore lattiero-caseario di qualità. Era infatti il 2000 quando partì la mobilitazione a difesa dei formaggi a latte crudo, all’epoca guardati con sospetto e a rischio divieto.

Da allora l’associazione della Chiocciola ha continuato a impegnarsi, con i tanti Presìdi Slow Food e con Cheese. Ormai giunta alla decima edizione, anche quest’anno alla manifestazione partecipano centinaia di casari e pastori italiani ed europei riuniti per presentare i loro prodotti, discutere vecchie e nuove sfide del mestiere e confrontarsi su normative e prospettive offerte dal mercato. Un’occasione in più per ribadire che Il formaggio si fa con il latte!.(R.D.)