29/03/2024
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18 FEBBRAIO 1898……120 ANNI FA NASCEVA ENZO FERRARI: I MOTIVI DI UN SUCCESSO INEGUAGLIABILE

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Modena. Nasceva il 18 febbraio del 1898 quello che molti considerano il più importante personaggio della storia dell’auto da corsa. Un grande italiano che ha saputo eccellere nel mondo, ma soprattutto un uomo che ha nutrito un amore viscerale verso l’automobile. Parlando di Enzo  Ferrari Leonardo Fioravanti  che di Ferrari ne ha disegnate ben 11 e quindi ha conosciuto Ferrari come nessun altro, ha detto:” Enzo Ferrari  è stato un italiano vero, è partito con poco ed ha realizzato molto”.

Di lui si è detto e scritto tanto, ogni aspetto della sua vita è stato attentamente analizzato. In poche righe non avrebbe senso raccontare la sua storia, peraltro ben conosciuta ai più, ma si può provare a capire le ragioni del suo successo, il perché Enzo Ferrari sia diventato il numero uno, il “Drake”. I motivi saranno stati molteplici, ma quello più decisivo di altri è stata la sua ossessione per l’automobile. Come egli stesso ebbe a dire, nessuno l’ha amata quanto lui. Nella sua terra, dove si respira aria di motori, era circondato da altre aziende di auto sportive, che poco avevano da invidiare alla Ferrari, e che per anni le hanno tenuto testa, come la Maserati e la Lamborghini. Queste erano però dirette da veri imprenditori, che avevano nelle auto un’importante vetrina per le loro attività e nutrivano per esse una grande passione, ma il loro core-business era altrove. Ferrari, invece, era quello che gli americani definirebbero un “car guy”, totalmente dedito alle automobili, alle quali arrivava ad attribuire un’anima, mettendo tutto il resto in secondo piano.alvolante

Era anche un uomo assai ostinato, che nulla è riuscito a far desistere dalla sua “missione”. Come pilota non era un fuoriclasse e non riuscì mai a “sfondare”, ma invece di deprimersi e abbandonare l’ambito, seppe fare tesoro di quell’esperienza per diventare un preparatore di auto e manager di piloti: figura assolutamente moderna per quegli anni. Gli sviluppi della sua carriera, in gran parte inaspettati, lo portarono a divenire un imprenditore, ma non ebbe mai una mentalità prettamente imprenditoriale. Il suo scopo non era ingrandire l’azienda o crearne altre, ma far sì che le sue vetture vincessero nelle corse, quindi eventuali guadagni venivano immediatamente reinvestiti. Privo della smania di arricchirsi, anche quando ricco inevitabilmente lo diventò, non era solito vivere nel lusso, perché era concentrato sulle auto, dalle quali nemmeno una vita privata tormentata, portatrice più di dolori che di gioie, riusciva a distrarlo. A rattristarlo profondamente sì, a inasprirgli il carattere, facendolo sempre più chiudere in sé stesso, forse. Ma mai a frenarlo nel suo lavoro. Ha resistito a guerre, crisi economiche e processi, giudiziari e mediatici, come quando la volubile opinione pubblica italiana lo accusò di costruire strumenti di morte.

La sua supremazia rispetto ai concorrenti iniziò a manifestarsi già negli anni ’60, quando apparve evidente che le factory semiartigianali come la Ferrari, per continuare ad essere protagoniste nelle corse e a vendere auto nel mercato globale, non avrebbero potuto sopravvivere solo con le proprie forze. Lui lo capì qualche anno prima delle altre aziende della “Motor Valley”, e giocò d’anticipo. Accasò la Ferrari presso la Fiat, ma rimase sul ponte di comando. Mentre altri industriali come Adolfo Orsi e Ferruccio Lamborghini cedettero le aziende a gruppi stranieri e si fecero da parte, Enzo Ferrari sarebbe rimasto a capo della sua creatura fino all’ultimo giorno di vita, oltretutto riuscendo a trattenere per la sua stirpe, fatto più unico che raro, un non disprezzabile 10% del pacchetto azionario. Proprio su questi “distinguo” fece saltare un accordo ormai fatto con la Ford, permettendosi lui, piccolo imprenditore della provincia italiana, di sbattere la porta in faccia al più grande costruttore di auto del mondo.

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Enzo Ferrari era però anche un abile uomo di marketing. Fu tra i primi a capire che le corse non avevano come scopo la sola gloria, ma che si doveva “vincere la domenica per vendere le vetture il lunedì”. Lungo tutta la sua vita seppe vendere benissimo le sue auto e spendere al meglio l’immagine della sua azienda.

Ferrari è sempre stato descritto come un uomo schivo e introverso, ma in realtà era un efficacissimo comunicatore. Non parlava molto e si concedeva davvero raramente alla stampa, ma quando lo faceva colpiva nel segno. Alcune sue affermazioni sono passate alla storia, assumendo i caratteri dell’aforisma. Nella storia dell’automobile, solo Henry Ford può tenergli testa in quanto a efficacia e popolarità delle frasi ad effetto.

Tra i motivi del suo successo, c’è stato inoltre un ingrediente solitamente raro da trovare negli italiani: la continuità. Anche nei momenti più difficili non ha mollato, e da quando esiste la Formula Uno, le monoposto Ferrari non sono mai mancate dalla griglia di partenza di un gran premio. Nessuno al mondo è riuscito a fare altrettanto, e questo ha certamente contribuito alla creazione del mito Ferrari. La stessa continuità si è ritrovata nella produzione di auto stradali, con modelli sempre coerenti alla tradizione che hanno fidelizzato la clientela, senza farsi tentare da eccessivi aumenti dei numeri produttivi, che avrebbero portato guadagni, ma messo a rischio l’immagine del marchio. Inoltre la Ferrari ha sempre avuto una filosofia improntata alla massima genuinità, facendosi tutto “in casa”, motore, telaio e aerodinamica, senza delegare a terzi.lauda

Ma soprattutto, pur col suo carattere particolare, Enzo Ferrari è stato un uomo profondamente italiano. Tipicamente italiana era la passione che aveva per le auto sportive e le corse, che ha sempre guidato il suo lavoro, e che è riuscito a trasmettere a migliaia di clienti e milioni di tifosi nel mondo: il suo vero primato che nessun concorrente è mai riuscito ad eguagliare. Tipicamente italiani erano una certa astuzia e un buon fiuto commerciale, la capacità di fare grandi cose con pochi mezzi e di saperle vendere al meglio, andando avanti anche quando non c’era la certezza di adeguate coperture finanziarie, il coraggio di creare un’impresa del genere, pur non essendo un ingegnere (lo diventerà honoris causa), né un industriale.

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Tipicamente italiana era poi l’ambizione di riuscire a competere con i colossi dell’automobilismo, l’eterna lotta di Davide contro Golia, sopperendo alle carenze di fondi con l’inventiva e la passione proprie degli italiani e degli emiliani in particolare, cosa che avrebbe reso le vittorie ancora più affascinanti per i tifosi e brucianti per gli avversari. Enzo Ferrari è stato insomma uno dei più importanti ambasciatori del Made in Italy nel mondo, uno dei nostri connazionali più conosciuti all’estero, tra i primi fautori di quella che oggi viene definita l’“eccellenza italiana” a livello manifatturiero

Alla sua scomparsa, avvenuta trent’anni fa, il valore delle vetture Ferrari è schizzato alle stelle, come di solito avviene con quadri e sculture alla morte di un artista. Questo ha fatto trascendere alcune sue realizzazioni dall’ambito automobilistico, per farle sconfinare in quello dell’arte.

Questi sono stati i motivi del suo successo, che non ha paragoni nella storia dell’auto e che gli è sopravvissuto amplificato, facendo divenire il “cavallino rampante” il marchio più conosciuto al mondo. Un successo che sarà difficile da eguagliare, anche perché di Enzo Ferrari, con ogni probabilità, non ne nasceranno più. (Claudio Ivaldi)